Gioielli affidati all’agente in conto-visione non restituiti: appropriazione indebita
- norbertosalza
- 1 giu 2017
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Corte d’Appello di Milano, IV Sezione penale, 2 marzo 2017, n. 2353
La Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado ed in accoglimento dell’appello della parte civile, ha affermato la penale responsabilità dell’imputato richiamando il principio secondo cui integra il reato di appropriazione indebita la condotta di chi, ricevuta una cosa per effetto della stipula di un contratto estimatorio, la trattenga dopo il termine stabilito senza pagarne il prezzo (Cass. 6690/2012).
La parte civile (gioielliere), da noi assistita, ha consegnato ad un agente in conto vendita alcuni preziosi. Al termine concordato e nonostante vari solleciti della parte civile, l’agente non ha restituito i gioielli né il controvalore economico. L’imputato veniva assolto dal Giudice di primo grado in quanto non poteva ravvisarsi appropriazione indebita nel caso di specie avente ad oggetto l’omessa restituzione dei beni ricevuti in forza di contratto estimatorio, il cui effetto caratteristico è “il potere dispositivo che il ricevente esercita, fin dalla consegna, sui beni ricevuti, potere finalizzato proprio a consentirgli la vendita a terzi “ e che aveva reso legittima la ritenzione da parte dell’imputato dei beni oggetto del contratto, con la conseguenza che il fatto era riconducibile ad inadempimento di mera rilevanza civilistica, alla luce della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass., Sez. II, 23 marzo 2015, n. 12077) secondo cui, “in questi casi, l’omessa restituzione non modifica il rapporto tra il detentore uti dominus e l’intenzione soggettiva di interversione del possesso.
La Corte d’Appello ha riformato la sentenza di primo grado richiamando il principio secondo cui integra il reato di appropriazione indebita la condotta di chi, ricevuta una cosa per effetto della stipula di un contratto estimatorio, la trattenga dopo il termine stabilito senza pagarne il prezzo (Cass. 6690/2012).
La Corte quindi, dopo aver chiarito l’astratta configurabilità del delitto di appropriazione indebita anche in margine alle possibili vicende del rapporto regolato dall’art. 1556 c.c. e ss., ha specificato che “non ha alcuna rilevanza l’indagine dogmatica sugli effetti tipici del contratto estimatorio sotto il profilo dell’incidenza sugli assetti proprietari relativi all’oggetto del rapporto, posto che comunque ne può sorgere un obbligo di restituzione della cosa ricevuta a carico dell’accipiens, in alternativa al pagamento del tantundem, con la conseguenza che nei congrui casi l’illegittima ritenzione della cosa può assumere rilevanza penale”. Viceversa la sentenza della Corte di Cassazione richiamata dal primo giudice a fondamento della pronuncia assolutoria, ha ad oggetto ipotesi concreta evidentemente non sovrapponibile a quella di specie.
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